..dall’immobile viaggio (‘Diceria dell’untore’)
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Ma chi potrà scordarsi dei compagni di prigionia, del fuoco che li spingeva, nelle prime ore dell’alba, in pigiama com’erano, a scendere in giardino per piangere finalmente da soli, con la guancia premuta contro la spalliera di una panchina; chi potrà levarsi dalla mente le loro facce malrasate, mentre le coglie e disorienta l’indorarsi fulmineo del mondo, al di là del muro di cinta?
Bastava talvolta, tra sonno e veglia, un fischio di treno addolcito dalla distanza, oppure il cigolìo dei carri di zolfo in fila per la collina, e si balzava col cuore in tumulto, seduti sul letto, a origliare le invidiate informazioni e le leggende di quella stella infedele in cui s’era trasformata la terra. Che cosa racconta un treno, un carro che va, fra bivacchi e lune sull’aia, lungo profumi d’aranci e paesi, in una notte d’estate? Niente, eppure so di occhi sbarrati nel buio, che non avevano altra vacanza se non di sorprendere, al séguito di quelle ruote, qualche guizzo di vita durante la via: un vecchio che prende il fresco, due teste che si parlano sotto il lume della cena…
Si tornava dall’immobile viaggio più lieti, più tristi, chi può dirlo, e tuttavia non delusi del nostro bottino di nuvole, l’unico che la sorte non aveva facoltà di vietarci.
[…]
(G. Bufalino, Diceria dell’untore)
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Verrà la morte e avrà i tuoi occhi
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Verrà la morte e avrà i tuoi occhi –
questa morte che ci accompagna
dal mattino alla sera, insonne,
sorda, come un vecchio rimorso
o un vizio assurdo. I tuoi occhi
saranno una vana parola,
un grido taciuto, un silenzio.
Così li vedi ogni mattina
quando su te sola ti pieghi
nello specchio. O cara speranza,
quel giorno sapremo anche noi
che sei la vita e sei il nulla
Per tutti la morte ha uno sguardo.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.
Sarà come smettere un vizio,
come vedere nello specchio
riemergere un viso morto,
come ascoltare un labbro chiuso.
Scenderemo nel gorgo muti.
(C. Pavese)
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Il funambolo
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Verrà l’oblio su noi
Col passo liquido dell’essenza
Perché possa una volta ancora
Del primo stupore inebriarmi
E respirarti nuova.
Verrà l’oblio su noi
Per ritrovarci ancora.
È d’un momento, ecco
– Sistro tremendo –
L’incoscienza suprema
– Stridio di sogno su sogno –
Che vibra da sfondate midolla.
Ecco – questa notte
che s’innerva e s’inanella
Speculare.
Queste dita di conchiglia
Tese fino all’agonia
Verso il timpano del Nome.
Questo respiro di funamboli
Che s’inarca indecifrabile.
Questa promessa sconfinante
Resa all’infanzia di palpebre mareggianti.
Qui – la stessa di vite
Sfinite.
Ritrovata.
Nuova.
Nell’istante che
Abbandono
Per ritrovarci ancora.
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Sogno e Addio (Ett Drömspel)
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[…]
L’addio si fa imminente, è ormai la fine;
figlio dell’uomo, salve, sognatore,
poeta, tu, più esperto della vita;
se anche t’arresti nel tuo volo, piombi
verso la polvere terrestre,
la sfiori solamente, te ne liberi!
……………………………………………
Adesso parto… Nell’ora suprema,
quando è forza staccarsi da un amico,
da un luogo, come manca quanto hai amato,
ogni errore commesso ti rimorde…
Ora conosco la pena di esistere,
ecco cosa vuol dire essere uomini…
Rimpiangi pure chi non hai stimato,
ti penti per errori non commessi…
Vuoi partire, vorresti rimanere,
il cuore ti si lacera:
ogni senso dilaniano i contrasti,
disarmonie, incertezze,
come cavalli spinti in versi opposti…
……………………………………………
Addio! Nei luoghi in cui ora salgo
io mi ricorderò dei tuoi fratelli,
porterò il loro pianto fino al Trono,
in nome tuo. Addio!
(A. Strindberg, Il sogno)
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Ti dono anche l’avara mia speranza
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– Casa sul mare –
ll viaggio finisce qui:
nelle cure meschine che dividono
l’anima che non sa più dare un grido.
Ora i minuti sono eguali e fissi
come i giri di ruota della pompa.
Un giro: un salir d’acqua che rimbomba.
Un altro, altr’acqua, a tratti un cigolio.
Il viaggio finisce a questa spiaggia
che tentano gli assidui e lenti flussi.
Nulla disvela se non pigri fumi
la marina che tramano di conche
I soffi leni: ed è raro che appaia
nella bonaccia muta
tra l’isole dell’aria migrabonde
la Corsica dorsuta o la Capraia.
Tu chiedi se così tutto vanisce
in questa poca nebbia di memorie;
se nell’ora che torpe o nel sospiro
del frangente si compie ogni destino.
Vorrei dirti che no, che ti s’appressa
l’ora che passerai di là dal tempo;
forse solo chi vuole s’infinita,
e questo tu potrai, chissà, non io.
Penso che per i più non sia salvezza,
ma taluno sovverta ogni disegno,
passi il varco, qual volle si ritrovi.
Vorrei prima di cedere segnarti
codesta via di fuga
labile come nei sommossi campi
del mare spuma o ruga.
Ti dono anche l’avara mia speranza.
A’ nuovi giorni, stanco, non so crescerla:
l’offro in pegno al tuo fato, che ti scampi.
Il cammino finisce a queste prode
che rode la marea col moto alterno.
Il tuo cuore vicino che non m’ode
salpa già forse per l’eterno.
(E. Montale)
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Volto
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Ancora mi struggo per l’angoscia dei desideri,
Ancora l’anima mia ti desidera,
E nella tenebra dei ricordi
Ancora io rivedo il tuo volto…
Il tuo caro, indimenticabile volto,
Che è sempre, e ovunque, davanti a me
Così inafferrabile, così immutato,
Come una stella nel cielo notturno.
(F. I. Tjutčev)
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