Il funambolo
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Verrà l’oblio su noi
Col passo liquido dell’essenza
Perché possa una volta ancora
Del primo stupore inebriarmi
E respirarti nuova.
Verrà l’oblio su noi
Per ritrovarci ancora.
È d’un momento, ecco
– Sistro tremendo –
L’incoscienza suprema
– Stridio di sogno su sogno –
Che vibra da sfondate midolla.
Ecco – questa notte
che s’innerva e s’inanella
Speculare.
Queste dita di conchiglia
Tese fino all’agonia
Verso il timpano del Nome.
Questo respiro di funamboli
Che s’inarca indecifrabile.
Questa promessa sconfinante
Resa all’infanzia di palpebre mareggianti.
Qui – la stessa di vite
Sfinite.
Ritrovata.
Nuova.
Nell’istante che
Abbandono
Per ritrovarci ancora.
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La grande Notte
*
– La grande Notte –
Spesso ti contemplai attonito, alla finestra incominciata ieri
ti contemplai attonito. La città nuova mi era
quasi preclusa ancora e il paesaggio non persuaso in tenebra
si perdeva, come se io non fossi. Né le cose più vicine
si sforzavano d’essermi comprensibili. Su per il fanale
il vicolo saliva fino a me: ed era estraneo.
Di fronte, una stanza – affabile nel chiaro della lampada –
e già ero partecipe; ma se ne accorsero, chiusero le imposte.
Ero là. E un bambino pianse. Nelle case tutt’intorno sapevo
le madri quanto possono – e di tutte le lacrime
sapevo al tempo stesso le ragioni inconsolabili.
O una voce cantava, oltre l’attesa prolungandosi
ed un vecchio, più in basso, tossiva
in tono di rimprovero, quasi il suo corpo avesse
ragione contro il mondo più clemente. Poi batté l’ora –
ma cominciai troppo tardi a contare e mi sfuggì. –
Come un fanciullo forestiero, se finalmente lo ammettono
al gioco, non afferra la palla e non sa alcuno
dei giochi così facili per gli altri;
se ne sta là guardando altrove – dove? – così stavo
e all’improvviso intesi che tu eri con me, con me giocavi,
notte adulta, e ti guardai attonito. Dove le torri irose rintoccavano,
dove ad un altro destino rivolta, m’era attorno
una città e montagne indecifrabili contro me si stendevano,
e un famelico ignoto in stretto cerchio attorniava
il barbaglio fortuito dei miei sentimenti -:
non fu vergogna allora,
per te, Alta, il conoscermi. M’avvolse il tuo respiro.
Diffuso ovunque in lontananze assorte,
mi penetrò il tuo sorriso.
(R. M. Rilke)
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Sigur Rós
Untitled #8 (Popplagið)
DOVE?
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DOVE?
Nelle masse incoerenti della notte.
Nel ghiaiume e nei detriti del dolore sordo,
nel lentissimo tumulto,
nel pozzo di saggezza che si chiama Mai.
Aghi d’acqua,
a ricucire insieme
l’ombra schiattata – essa lotta
per sprofondare ancora, più giù,
libera.
(P. Celan)
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