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Disiecta (Beckett e i Van Velde) – II

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L’oggetto della rappresentazione resiste sempre alla rappresentazione […].

Il primo assalto fatto all’oggetto catturato, indipendentemente dalle sue qualità, nella sua indiffrerenza, inerzia, latenza, ecco una definizione della pittura moderna che forse non è più ridicola delle altre. […]

Il Cristo di Rouault, la natura morta più cinese di Matisse, un conglomerato di Kandinskij del 1943 o del 1944 sono nati dallo stesso sforzo, quello di esprimere in quale senso un clown, una mela e un quadrato rosso fanno parte di un’unità, e dello stesso smarrimento, di fronte alla resistenza che impedisce a questa unicità di essere espressa. Perché costituiscono un’unità in questo, che sono cose,la cosa, la cosità. Sembra assurdo parlare come faceva Kandinskij, di una pittura liberata dall’oggetto. La pittura si è liberata  dell’illusione che esista più di un oggetto di rappresentazione, forse anche dell’illusione che questo unico oggetto si lasci rappresentare.

[…] Perché che cosa resta di rappresentabile se l’essenza dell’oggetto consiste nel sottrarsi alla rappresentazione?

Restano da rappresentare le condizioni di questo sottrarsi […].

[…] È dipinto ciò che impedisce di dipingere.

[…]

Uno svelamento senza fine, velo dietro velo, piano su piano di trasparenze imperfette, uno svelamento verso ciò che non si svela, il nulla, di nuovo la cosa.

[…]

La pittura dei van Velde emerge, libera da ogni preoccupazione critica, da una pittura di critica e di rifiuto, rifiuto di accettare come dato il vecchio rapporto soggetto-oggetto.

[…]

A partire da questo momento restano tre vie che la pittura può imboccare. La via del ritorno alla vecchia ingenuità, attraverso l’inverno del suo abbandono, la via dei pentiti. Poi la via che non è più una via, bensì un ultimo tentativo di vivere nel paese conquistato. E infine la via in avanti di una pittura che si preoccupa poco sia di una convenzione superata sia delle ieraticità e dei preziosismi delle inchieste superflue, pittura d’accettazione, che intravede nell’assenza di rapporto e nell’assenza di oggetto, il nuovo rapporto e il nuovo oggetto, via che si biforca nelle opere di Bram e Geer van Velde.

(S. Beckett, Disiecta)

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