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Disiecta (Beckett e i Van Velde) – I

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Finito, nuovo di zecca, il quadro è là, un nonsenso. Perché non è ancora altro che un quadro, non vive ancora se non della vita delle linee e dei colori, non si è offerto se non al suo autore. Rendetevi conto della situazione. Aspetta che lo si faccia uscire di lì. Aspetta gli occhi, gli occhi che per secoli, perché è un quadro con un avvenire, lo caricheranno, lo anneriranno, con la sola vita che conta, quella dei bipedi implumi. Finirà per creparne. Poco importa. Lo si rattopperà. Lo si rabbercerà. […] Avrà vissuto, e sparso della gioia.

[…]

Che cosa significa saper disegnare? Che cosa importa che anche i bambini possano dipingere così? Facciano pure. Sarà meraviglioso.

[…]

Non c’è pittura. Ci sono solo i quadri. Questi, non essendo salsicce, non sono né buoni, né cattivi. Tutto ciò che se ne può dire è che traducono, con perdite maggiori o minori, impulsi assurdi e misteriosi verso l’immagine, che sono più o meno adeguati in rapporto a oscure tensioni interne. […] D’altronde è un coefficente privo di interesse. Perché perdite e profitti si equivalgono nell’economia dell’arte, dove quanto è taciuto è la luce di quanto è detto, e ogni presenza un’assenza. Tutto ciò che saprete di un quadro è quanto vi piace (e, a rigore, perché, se questo vi interessa). Ma anche questo probabilmente non lo saprete mai, a meno che diventiate sordi e dimentichiate i vostri studi.

[…]

La pittura di Bram van Velde sarebbe dunque, in primo luogo, una pittura della cosa in sospeso, direi volentieri della cosa morta, morta idealmente, se questo termine non comportasse delle associazioni incresciose. Vale a dire che la cosa che ci vediamo è non solo rappresentata come sospesa, bensì strettamente quale essa è, realmente rappresa. È la cosa sola, isolata dal bisogno di vederla. La cosa immobile nel vuoto, ecco infine la cosa visibile, il puro oggetto. Non ne vedo altri.

[…]

L’arte adora i salti.

[…] Che dire di questi piani che scivolano, questi contorni che vibrano, questi corpi che sembrano tagliati nella bruma, questi equilibri che un niente deve spezzare, che si spezzano e riformano man mano che li si guarda? Come parlare di questi colori che respirano, che ansimano? Di questa stasi brulicante? Di questo mondo senza peso, senza forza, senza ombra?

Qui tutto si muove, nuota, fugge, torna, si disfa, si rifà. Tutto cessa incessantemente. Si direbbe l’insurrezione delle molecole, l’interno di una pietra un millesimo di secondo prima che si disintegri.

La letteratura è proprio questo.

[…]

Forzare l’innata invisibilità delle cose esteriori finché questa stessa invisibilità diviene cosa, non semplice coscienza di limite, ma una cosa che si può vedere  e  far vedere, e farlo non nella testa (i pittori non hanno testa, leggete dunque al suo posto canovaccio, o stomaco, nei posti dove io li camuffo), bensì sulla tela, ecco un lavoro di una complessità diabolica e che richiede un mestiere di una flessibilità e di una leggerezza estreme, un mestiere che insinui più di quanto affermi, che sia positivo solo con l’evidenza fugace e accessoria del grande positivo, del solo positivo, del tempo che trasporta.

[…]

(S. Beckett, Disiecta)

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  1. 29 Maggio 2012 alle 13:47

    grande. grazie del post

  2. 29 luglio 2013 alle 11:33

    dieting leads to binge eating has become such a common phenomenon that we
    think that it is possible to lose weight–a lot of weight–on
    a low carb diet may prove to be valuable. Studies have shown that
    a history of dieting leads to binge eating. If you eat right and involve
    yourself in an acceptable exercise program in a healthy attempt to lose weight; however losing weight
    for most people is not as important as what you
    eat!

  3. Alessio
    30 agosto 2013 alle 20:37

    Ciao, ottimo questo post!
    non avevo mai trovato fin ora traduzioni di questo testo di Beckett. Sai se è stato mai pubblicato in italiano?
    Ciao Grazie Ancora

  4. 10 luglio 2014 alle 14:26

    Howdy! Do you use Twitter? I’d like to follow
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